Vedete, io l'amavo. Era amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista!

mercoledì 21 gennaio 2015

The Imitation Game... Emulare una vita normale per persone eccezionali



Il cinema spesso ci corre in aiuto portando in auge argomenti di discussione che di solito si preferisce non sollevare o semplicemente ignorare per mancanza di informazione.
E' singolare come un fenomeno possa diventare di moda e generare un certo filone che per un periodo diventa praticamente indispensabile, solo per restare in Italia c'è stato il periodo del film adolescenziale, il periodo Scamarcio, quello Accorsi ecc...
Da qualche anno c'è la riscoperta del "genio", dalla storia di John Nash (A Beautiful Mind) in poi si sono visti più esempi di film, serie e romanzi incentrati sulle vite di grandi scienziati e matematici, storie che usavano l'importanza del personaggio in termini di progresso culturale per investigare, un minimo, anche l'aspetto privato e personale, spesso ritenuto insignificante o noioso.
Quando si studia un autore, per comprenderne appieno le opere, si va a scavare nell'intimo per trovare la scintilla che abbia ispirato il tutto, di fronte ad un teorema o ad una legge fisica, a stento, si ricorda chi l'ha formulato e assolutamente mai ci si chiede chi fosse, come persona, quel tale Newton, Turing o Einstein.
Una formula è autoesplicativa, ha una utilità, nasce da una osservazione e li finisce, non stimola passaggi ulteriori.
The Imitation Game è l'ultimo film che va ad occuparsi della biografia di un grande Matematico e come mi è capitato di sentire, ha gettato un sasso in uno stagno mostrando la vera natura di molti geni, una assoluta difficoltà di relazione con il prossimo.
Non mi lancerò in diagnosi un tanto al chilo ma basterà dire che moltissimi scienziati, di quelli che abbinano il loro nome ad una qualche equazione, avevano (ed hanno) problemi ad interfacciarsi con la società ed i suoi paradigmi.
Forse una corretta rappresentazione, seppur caricaturale, la da il protagonista di "The Big Bang Theory" Sheldon Cooper, comico nella sua difficoltà di capire l'umorismo, di intendere l'amore e tante altre cose che per noi sono il pane quotidiano.
Comportamenti che spesso emarginano i migliori fra noi perchè etichettabili come sfigati, diversi, nerd.
Semplicemente sono focalizzati, hanno un dono che è una predisposizione naturale ad essere specializzati in un campo.
Il problema della loro accettazione sta nel fatto che la società deve essere modellata su caratteristiche più comuni e quindi l'eccezione (eccezionale) è vissuta come una diversità, anche negativa.
Di Alan Turing ne nascono a centinaia ogni giorno, ma di Alan Turing che trovano la loro strada esatta, forse, se ne vedono 1-2 ogni decennio.
Tutti gli altri vivono un disagio non dipendente da loro ma dalla difficoltà di confrontarci con i comportamenti insoliti, con chi preferisce la conoscenza ossessiva di qualcosa rispetto all'uscita serale, con chi sa fare i conti a mente, riconosce le canzoni da due note, ricorda qualsiasi particolare di una scena vista per pochi istanti.
Il metro secondo cui si giudica la normalità non ammette interpretazioni, o lo si è o non lo si è ed è un metro spietato proprio per questo.
Newton, il padre di gran parte della fisica classica, molto probabilmente non ebbe mai rapporti interpersonali con una donna ed odiava abbastanza apertamente il prossimo.
Essere "focalizzati" ed eccellenti rende soli, perchè appartenenti ad un mondo talmente personale da includere solo loro stessi e quello che interessa/ossessiona, fa perdere passione verso le persone perchè non condividono o non capiscono questo.
Si finisce per vedere menti superiori che faticano ad imitare una specie di vita normale, simulare umorismo, simulare interesse, simulare qualsiasi forma di banale slancio sociale.
E' un' amara condizione quella che ci mostra il film, la contrapposizione fra l'enorme contributo che alcune persone riescono a dare al progresso del genere umano e l'estrema difficoltà che hanno nell'inserirsi e nell'essere accettati come persone.
Se è difficile per loro, figuriamoci per chi non trova la sua strada e viene accantonato come "diverso" ed ancor più prigioniero del proprio mondo interiore.


martedì 6 gennaio 2015

Arte + Geometria = L'Impossibile che diventa reale


La concezione, comune, delle cose spesso ci porta a dividerle in insiemi che si intersecano o meno ma che ci aiutano a semplificare le cose creando schemi ed etichette da apporre a questi schemi.
Questi processi mentali ci portano a dire che una persona è bella, buona, cattiva, alta o bassa senza approfondire troppo, come se si volesse apporre un tag per richiamare in modo più immediato i contenuti che abbiamo nella nostra memoria.
Il nostro amico sarà simpatico, questa proprietà lo differenzierà da quello bello e solo in un secondo momento porterà ad esaminare altre caratteristiche secondarie quando si presenterà un altro amico "simpatico".
L'arte è spesso indicata come "creativa" e le scienze come "rigorose" o magari "noiose", comunque, assolutamente lontane dall'essere creative.
Detto che ci sarebbe da ridire anche su questo, è importante andare a considerare i casi in cui questi due grandi insiemi producono elementi condivisi, cioè quei rarissimi esempi, perchè universalmente riconosciuti come appartenenti ad entrambi i mondi (che sono certamente molto schizzinosi e capricciosi), in cui l'arte e la scienza si fondono.
Non parliamo delle nature morte o dei paesaggi bensì di opere in cui lo studio matematico e geometrico che si nasconde a monte è quasi più importante del loro peso artistico, cioè si cerca di rappresentare con una bellezza artistica oggettiva, una bellezza formale scientifica (quindi intrinsecamente oggettiva).
Il nome che meglio di chiunque altro è riuscito in questo complicato intento è sicuramente quello di M.C.Escher, grafico ed incisore Olandese, che ha trasformato la sua ossessione per le tassellature, le simmetrie e le iterazioni in una rappresentazione dell'infinito su un piano finito utilizzando la magia dell'illusione e del paradosso.
Lo studio della simmetria è immediatamente visibile in molte opere, prima intesa come semplice ornamento, poi arricchita da figure reali (come animali) ed infine esplosa nella terza dimensione.
Ma è con strumenti matematici più sottili che si compie la vera congiunzione dei due mondi, il Nastro di Mobius ad esempio.

L'utilizzo della scala di Penrose per realizzare ipotetiche strutture che possano suggerire moti perpetui oppure i dischi di Poincare che sfruttando una geometria iperbolica (non Euclidea) stravolgono l'idea di spazio e di distanza fra punti tendendo all'infinito attraverso l'infinitamente piccolo piuttosto che l'infinitamente grande.

 

martedì 23 dicembre 2014

Natale, un giorno che unisce Scienza e Religione

Ci avviciniamo a grandi passi verso il Santo Natale, un giorno importantissimo che si creda o meno e questa precisazione è doverosa quando si parla di Scienza e del difficile rapporto con la religione.
Limitandoci al 25 Dicembre, però, mi sento di poter dire che il punto di contatto fra le due visioni, inconciliabili, del "creato" è eclatante e concentrato proprio nella data cardine della Cristianità.
Immaginiamo i due schieramenti come due eserciti medievali da una parte i crociati e dall'altra gli eretici, ogni compagine ha il suo campione, casualmente nato proprio il 25 Dicembre.
Di Gesù sappiamo tutto, il più grande rivoluzionario della storia, uomo (anche per chi non dovesse credere) fonte di grandissima ispirazione, basterebbe seguirne l'esempio, anche spoglio da contenuti religiosi, per essere automaticamente una persona migliore ed un perfetto cristiano (anche non credendo, lo ripeto fino allo sfinimento)...il suo messaggio di rispetto, accoglienza, apertura, comprensione è il cardine di qualsiasi interazione sociale corretta, il paradigma dell'uomo "perfetto" che non necessita di tante strutture e vincoli per poter vivere in pace ed armonia con i suoi simili.
Quindi mi sento di dire che, prescindendo da tutto, Gesù è stato il più grande uomo della storia (sottolineo uomo per dare ancor più forza alla sua figura anche di fronte ai meno religiosi).
D'altra parte anche Isaac Newton è nato esattamente il 25 Dicembre ed ha iniziato a teorizzare le sue leggi nell'anno 1666, un triplice 6 che riporta a pentacoli, esoterismo e cose oscure.
Newton ricevette una formazione vicina a quella dei religiosi e doveva essere ordinato sacerdote anglicano, fu molto lontano dalla chiesa di Roma ma è stato l'uomo più vicino a capire il disegno originale del mondo.
E' singolare pensare che due mondi così distanti possano essere rappresentati da due figure nate lo stesso giorno, una emanazione stessa di Dio, l'altra sicuramente la più vicina a spiegarne l'operato, quindi non in conflitto fra loro, semplicemente provenienti da considerazioni di base diverse.
Lo stesso Newton non escludeva l'esistenza di una intelligenza originale, vista come un grande orologiaio che una volta data la carica all'universo si è limitata ad osservarne, in modo distaccato, l'evoluzione.
Allo stesso modo si può dire che Gesù, inteso come semplice uomo, veicolerebbe un messaggio positivo molto più potente di quello che ci viene insegnato fin da bambini, per dirla in modo banale e quasi blasfemo, è molto semplice essere buoni e bravi se si è i figli dell'essere più potente dell'universo sapendo che in ogni caso si starà in eterno in una posizione di grande prestigio anche dopo la morte.
Più difficile è avere poco, una vita, decidere di viverla in modo così rivoluzionario, dedicarla agli altri e morire per questo, senza certezze di una vita successiva.
A mio modo di vedere queste due figure dimostrano come Scienza e Religione giustifichino le vicendevoli esistenze, la Scienza rende la fede più forte ed allo stesso modo pensare in modo "relativista" agli insegnamenti religiosi ne amplifica il significato.
Il segreto è nella curiosità e nel rispetto.
Finchè si avrà curiosità e si avrà rispetto la convivenza non sarà mai un problema sia che si voglia festeggiare il Santo Natale o il Compleanno di Newton.

giovedì 18 dicembre 2014

Il Quadrato magico dell'anno di nascita

Proviamo a parlare di un gioco matematico basato su un quadrato magico...
Da questa tabella immaginiamo di scegliere un numero (ad esempio il primo 18) e cancelliamo tutte le cifre appartenenti alla stessa riga e stessa colonna ad eccezione di quella selezionata.
Ripetiamo il procedimento finchè sarà possibile arrivando ad avere solo 5 numeri non ancora eliminati.
Sommando i "superstiti" si ottiene il mio anno di nascita...il gioco è ripetibile per qualsiasi anno ed il procedimento è abbastanza semplice, basta aggiungere una riga ed una colonna che rappresenteranno gli elementi che sommati fra loro daranno i numeri della tabella...la somma dei 10 nuovi numeri deve essere uguale all'anno desiderato, infatti trattandosi di somme, in ogni caso li troveremo accoppiati fra loro ed espressi dai 5 non cancellati (l'ordine degli addendi non cambia il risultato)...ogni numero non cancellato rappresenterà una riga ed una colonna quindi conterrà il contributo di due dei numeri generatori riportati fuori tabella...visto che l'anno di nascita è volutamente ottenuto come somma dei 10 numeri generatori, i nostri 5 saranno perfettamente adatti allo scopo...proviamo a realizzare una tabella per l'82...
Come detto i numeri generatori devono dare 82 come somma...una volta verificato questo, si eseguono le somme riga+colonna per riempire le caselle in tabella ed il gioco è fatto...

venerdì 5 dicembre 2014

La Punizione di Roberto Carlos - Magia?...Holly e Benji?...No, aerodinamica...



Salto indietro nel tempo, Giugno 1997.
Torneo di preparazione ai mondiali di Francia 98 con amichevole di lusso fra quelle che si sarebbero incontrate, di li ad un anno, nella finale.
Punizione dai 35 metri in posizione semi-centrale anche se leggermente spostata verso destra, sul pallone arriva Roberto Carlos, famoso per il suo sinistro e per quel modo di calciare alla brasiliana con le famose 3 dita esterne del piede.
La cosa sembrò subito strana perchè di solito le punizioni si vedono tirate di interno a girare, magari di collo pieno se si vuole puntare sulla potenza ma di esterno è roba veramente rara.
Invece contro ogni previsione il 6 verdeoro prende la rincorsa, tira una bordata a tutta gamba che almeno per i primi 15 metri di avanzamento non sembra destinata a finire nemmeno vicino alla porta di Barthez.
Un angolo completamente sbagliato, palla che viaggia dritta dritta verso il fondo.
Poi avviene quello che ha reso famosa quella partita altrimenti insignificante, il pallone inizia a curvare in modo deciso, rientrando verso la porta ed insaccandosi in modo imparabile.
Una cosa vista solo giocando con il Super Tele, un pallone che se calciato piano diventava imparabile, calciato forte viaggiava nel tempo.
Venendo al succo del discorso, cosa c'è di misterioso in questo episodio?
Sostanzialmente niente e tutto...niente perchè ci sono un mare di principi fisici che si applicano al moto di un corpo e quindi anche a quello di un pallone, tutto perchè fino a quel momento non si era mai arrivati a scomodare la scienza per tentare di capire il mondo del calcio.
Se è vero che una partita inizia con il calcio d'inizio è altrettanto vero che quel gesto indica l'inizio dello studio della dinamica, con il suo primo principio.
Quindi non è fantascienza pensare ad una partita come una applicazione di buonissima parte della fisica di base, anche oltre la base.
Il tiro di Carlos in particolare tocca degli argomenti abbastanza poco conosciuti ma che sono di grandissima importanza in aerodinamica.
Possiamo riassumere tutto con l'effetto Magnuss e con i disturbi di scia.
Un corpo che si muove in un fluido risente di una forza resistente che si oppone al suo avanzamento e questo è l'effetto normale che ci si aspetta anche senza essere dei fini conoscitori del mondo e delle sue leggi.
Ma se la palla ruota su se stessa, quella di Roberto Carlos ruotava molto, avviene dell'altro.
Intorno al pallone ci sono dei flussi d'aria che impattano contro la sua superficie, quelli che assecondano il senso della rotazione lo faranno in modo più blando, quelli che sono contrari lo faranno in modo deciso.
Questo crea una differenza di pressione esercitata fra le due metà del pallone, una zona sarà sottoposta ad una alta pressione (A), l'altra no (B).

Questa condizione è come se spingesse la sfera verso la zona a minore pressione, deviandola dalla traiettoria rettilinea che ci si potrebbe aspettare.
Contestualmente a questo vanno considerati i disturbi in scia, un corpo che fende l'aria in qualche modo la rompe e l'accumula nella sua scia.
Se la rottura avviene a velocità elevate, si ha una scia turbolenta e disorganizzata che non ha un grande effetto resistivo rispetto al moto, quando la velocità si abbassa, la scia ha una conformazione laminare e questa accentua di molto la resistenza e di conseguenza anche l'effetto Magnuss.


Riassumendo tutto quando Roberto Carlos calcia il pallone lo indirizza volontariamente molto distante dalla porta, imprime una forte rotazione alla sfera.
Questa avanzerà a grande velocità per i primi metri quando resistenza e turbolenza in scia non sono di grande effetto.
Nel momento in cui si accentua il rallentamento allora cambiano le carte in tavola, i flussi d'aria in scia diventano laminari, la forza frenante dell'aria aumenta ed aumenta l'efficienza dell'effetto Magnuss.
Il pallone curverà decisamente in un breve lasso di tempo e di spazio lasciando senza parole portiere, spettatori e commentatori.

mercoledì 3 dicembre 2014

Angolo Letterario: Lolita - Vladimir Nabokov

Antefatto


Nel mezzo del cammin della mia vita ho avuto la necessità di ripartire e di solito si fa nel mondo più eclatante possibile...per arrivare, però, a capire di dover iniziare un cammino nuovo devi necessariamente considerare concluso quello che stavi seguendo fino a poco prima...molti ci arrivano con il ragionamento, altri con il tempo, io con accadimenti sconvolgenti.
Avendo toccato il fondo, provando anche a scavare un pochino, ho capito che era il caso di alzare la testa e riprendere a guardare le stelle.
Primo passo in questa direzione è stato, senza dubbio, scegliere la compagnia di un buon libro rispetto a cose meno edificanti.
La scintilla è nata grazie all'istituzione di una sorta di club del libro disorganizzato, in cui ognuno legge una cosa diversa e punzecchia l'altro affinchè sviluppi curiosità verso il tuo titolo.
Partiti da 50 sfumature, abbiamo virato verso amori complicati, poi verso la poesia maledetta, poi amori malati arrivando a Lolita, quello che mi sembrava il più disturbante fra gli amore complicati e malati.

Lolita



Mi scuso se dovessero esserci spoiler ma è inevitabile anche se, trattandosi di un libro conosciutissimo, difficilmente scriverò cose assolutamente inedite e che rovineranno la lettura.
Parto esattamente dalla trama, tutti sappiamo di cosa si parla, abbiamo visto un film, sentito il termine o cmq conosciamo a cosa ci si riferisce con il termine Lolita, divenuto impropriamente identificativo di una certa perversione, inqualificabile, nei confronti dei bambini.
Questo è il più grande punto critico nella lettura dell'opera di Nabokov, superare quello che per noi e per la nostra morale è intollerabile.
Dobbiamo spogliarci dal ruolo di censori, smontare ogni pregiudizio ed ascoltare dal consapevole punto di vista del protagonista cosa è e cosa ha significato il suo amore, malato e sbagliato, verso Lolita.
Riuscendo in questa opera di semplificazione del nostro ruolo (da opinionista a semplice lettore), molto probabilmente, ci troveremmo di fronte ad uno dei libri più belli, dalla scrittura più piacevole della nostra vita.
Del resto, lo stesso Nabokov, suggerisce di giudicare un libro dal suo essere un buon libro o un cattivo libro, senza dover necessariamente passare per un'esame dei contenuti o dei messaggi che vuole mandare.
Lolita è un libro esteticamente eccellente, insuperabile e raggiunge queste vette passando per un contenuto discutibile e discusso, duro e doloroso.
Si trovano alcuni fra i passi che meglio descrivono quello che possa essere l'amore, poco importa se riferiti ad un amore tanto sbagliato.
Addirittura è commovente nel momento in cui tutto cambia, si rientra in un binario di normalità accompagnato da un profondo velo di disperazione.
Un uomo mai cresciuto, sentimentalmente, che cerca affannosamente quell'amore giovanile che gli fu strappato, lo ritrova in Lolita e grazie ad essa può viverlo, crescere e farlo maturare verso qualcosa di accettato.
Una storia sempre fra due estremi, la perversione appagata per quasi tutto il romanzo e il grande crescendo finale in cui un amore canonico non è più corrisposto.
Penso che tutto possa riassumersi con queste frasi:

La guardai. La guardai. Ed ebbi la consapevolezza, chiara come quella di dover morire, di amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto o potuto immaginare. Di lei restava soltanto l'eco di foglie morte della ninfetta che avevo conosciuto. Ma io l'amavo, questa Lolita pallida e contaminata, gravida del figlio di un altro. Poteva anche sbiadire e avvizzire, non mi importava. Anche così sarei impazzito di tenerezza alla sola vista del suo caro viso.

lunedì 1 dicembre 2014

Meccanica Quantistica ed Amore...quando la fisica diventa sentimento



Nel tentativo di avvicinare il mondo scientifico alla vita di tutti i giorni è fin troppo facile concentrarsi su tutto quello che è ampiamente spiegabile con leggi e formule, compito più arduo è andare ad intaccare le "incertezze" che riguardano tutta la sfera dei sentimenti, del trascendente e delle emozioni.
Spesso si dice che l'amore è una questione di chimica, forse è vero, ma forse c'è qualcosa di più profondo che si traduce, solo come effetto misurabile e macroscopico, in ormoni, dopamina e chi più ne ha più ne metta.
Per capire dove voglio andare a parare bisogna introdurre un minimo di meccanica quantistica, prendendo per buono tutto quello che verrà detto per non dover affrontare formalismi eccessivi e complicati.
Partiamo da un dato abbastanza riconosciuto, ci addentreremo in cose addirittura "illogiche" al confine con il paranormale.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg, pietra angolare dell'interpretazione di Copenaghen della MQ (meccanica quantisica), afferma che:

"Due grandezze canonicamente coniugate non possono essere misurate
contemporaneamente con precisione assoluta."

Questo significa che si introduce una incertezza statistica nelle rilevazioni del comportamento delle particelle, quando se ne va a rilevare una grandezza, ad esempio la velocità, inevitabilmente si introduce una incertezza su tutte le altre (momento, posizione, ecc...).

Il fatto di avere probabilità e non più certezze gettò un certo sconcerto nel mondo fisico e in molti (tra cui Einstein) iniziarono a produrre esperimenti teorici, paradossali, che potessero confutare questa visione "imperfetta" del mondo.
Particolarmente efficace fu il famoso esperimento EPR (Einstein, Podolsky, Rosen) che per molti anni rappresentò la falla della MQ.
Per farla breve il tutto consisteva nell'avere una coppia di particelle, generate da una singola particella madre, con identiche caratteristiche ma in moto con verso opposto rispetto al punto di partenza.
Con queste premesse sarebbe facile pensare che effettuare rilevamenti su grandezze differenti sulle singole particelle porterebbe ad avere misure certe su entrambe, aggirando il principio di indeterminazione.
Conoscendo la velocità da una e la posizione dall'altra si potrebbe costruire la traiettoria di entrambe, ad esempio.
In realtà interviene un nuovo concetto che potrebbe rivoluzionare tutto il modo di vedere le cose, quello che viene chiamato Entanglement quantistico o correlazione quantistica.
Come l'esperimento delle due fessure ha mostrato, nell'istante in cui si osserva una particella questa collasserà istantaneamente da onda per assumere il comportamento di corpuscolo, quindi il paradosso Epr ha senso se si da per assodato il fatto che l'osservazione di A non faccia collassare anche B.
In realtà quello che accade è esattamente questo, osservare una qualsiasi delle due particelle con relativo collasso della funzione d'onda porta all'istantaneo collasso dell'altra, come se fossero collegate fra loro.
Quindi la misura su una influisce anche sull'altra in pieno accordo con il principio di indeterminazione di Heisenberg.
Da questo arriviamo all'equazione, universalmente riconosciuta come la più bella della fisica cioè quella di Dirac che va a descrivere esattamente il fenomeno della correlazione.

“Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma in qualche modo, diventano un unico sistema. In altri termini, quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce”.


A questo punto è facile cucire questa proprietà anche sulle persone, che per quanto sistemi complessi, possono essere viste sia come un insieme di materia derivante dalla stessa materia madre (se l'entanglement superasse il tempo oltre che lo spazio?...saremmo tutti correlati sia con un approccio evoluzionistico che religioso) ma anche come singoli individui che condividono un tratto di cammino e seppur separandosi restano correlati per sempre.
Immaginiamo di camminare per strada, di volgere lo sguardo proprio nella direzione giusta, dove c'è la persona giusta che ci fa provare l'emozione giusta, può essere semplicemente un caso?
O magari è un caso quantistico e cioè per Entanglement una nostra qualche particella possa riconoscere la sua gemella nell'altra persona e da li, con una serie di effetti a catena si arriva all'amore.
Potremmo anche essere noi stessi delle particelle di un macrosistema più grande, conservando la capacità di reagire a tutte quelle a noi correlate.

Forse si sta togliendo magia ai sentimenti ma preferisco pensare di donare un minimo di romanticismo alla fisica, cosa c'è di più profondo del sapersi riconoscere e dell'essere uniti oltre qualsiasi idea di spazio e di tempo?